Luigi Monteanni

Antropologo, scrittore e musicista
Co-fondatore di Artetetra, membro dei Babau
leggi i suoi articoli sul Kasenian Réak pt.1 e pt.2 

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Seppure molto difficile infatti, non è impossibile poter pensare, a seconda del tipo di neurodiversità, a come sviluppare qualcosa di dedicato e specifico.

D1 — Nel 2013 Timothy Morton pubblica Hyperobjects, un libro al quale il nostro disco è ispirato. (Per avere un’idea di cos’è un iperoggetto, pensa al riscaldamento globale, che è: non-locale, viscoso, esteso nel tempo, ecc. ecc.). Morton nel suo libro fa anche vari esempi di hyper-music, passando dai My Bloody Valentine a The Well Tuned Piano di La Monte Young. (Qui puoi ascoltare un mixtape fatto dai ragazzi di Not con alcune selezioni sulla base dei nomi fatti da Morton). Ora, senza necessariamente conoscere nel dettaglio ciò che dice Morton nel libro, se tu dovessi immaginare una hyper-music, quali caratteristiche dovrebbe avere secondo te? Perché?

Luigi - Devo purtroppo partire dal fatto che non ho mai/ancora letto Iperoggetti, e pertanto posso avere e quindi dare solo un’idea parziale di un’eventuale “ipermusica”, se così potrebbe essere chiamata. Nonostante questo, trovo molto difficile questa domanda, principalmente perché è una definizione suggestiva, ma come tutte le cose che sono suggestive non poco problematica. 

Ad ogni modo, forse potrei dire che la cosa più vicina a quest’idea, almeno idealmente è la Muzak o i jingle delle pubblicità.

Si attaccano nella forma del “virus audio” a tutti noi, anche indirettamente (mai sentito un vostro amico canticchiare un jingle?), sono assolutamente non-locali (solo raramente è stata cambiata la linea melodica e il tema, preferendo diversamente agire sulle parole), sono eminentemente interoggettive e lasciano la loro traccia come sorta di informazioni uttuanti e come effetto, almeno su un qualcosa simile a Google Trends; specialmente in un’epoca dove l’ideale di molte pubblicità del genere è il diventare virale/meme e dove tutto deve dare un output di qualche tipo da poter misurare.

La roba dello spazio/tempo non fisso non la ho capita onestamente e non ho idea se esistono delle creature che fanno esperienza di molteplici dimensioni. Non so nemmeno se la musica potrebbe avere più di una dimensione. Nulla ci vieta di immaginare una cosa del genere, ad ogni modo.

D2 - L'altro tema portante di dTHEd è la neurodiversità. Per i neurotipici, immaginare la vita di un neurodiverso è estremamente complesso, al limite dell'impossibile. È dunque lecito chiedersi se sia possibile per dei neurotipici addirittura creare dell'arte ispirata e fruibile da neurodiversi. Secondo te, cosa si potrebbe fare e in che maniera dovrebbe differenziarsi dall'arte per neurotipici? Ha senso creare un'arte con queste premesse o dobbiamo immaginare che l'arte nella sua vastità possa già soddisfare anche i neurodiversi?

Luigi - La nozione di neurodiversità invece mi sta molto a cuore. È uno strumento per poter agire diversamente, oltre che pensare diversamente alle cose. Questa è anche una domanda molto più semplice a cui rispondere. Seppure molto difficile infatti, non è impossibile poter pensare, a seconda del tipo di neurodiversità, a come sviluppare qualcosa di dedicato e specifico.

Prendendo alcuni tipi di sinestetici, ad esempio, una musica possibile prenderebbe in considerazione come essi vedono i suoni o a che colori li associano, in modo da risultare in un’opera più complessa e, qui sì, multidimensionale/multisensoriale. Questo discorso si può chiaramente estendere alle caratteristiche specifiche riguardanti la percezione degli oggetti e del senso dello spazio/tatto che si verifica in alcuni soggetti colpiti da autismo. Gli esempi potrebbero continuare. Una musica del genere non sarebbe diversa e più complessa per vezzo artistico, ma per necessità.

Mobirise
D3, da Andrea Guerrini - Se foste dinosauri che musica ascoltereste?

Luigi - Il problema principale di questa domanda è che non possiamo ancora immaginarci come erano realmente i dinosauri. Mentre abbiamo informazioni abbastanza accurate sulla loro forma non abbiamo molte informazioni sul loro colore, che abbiamo sempre associato a qualcosa di animalesco tipo grigio/verde/marrone.

Nessuno ci vieta, ad esempio, di immaginarceli multicolore o giallo fluo o in combinazioni oltre la nostra immaginazione. In effetti lo stile ci dice molto sui gusti musicali no? (ref.) Quindi, boh; direi principalmente Hip-Hop.


La domanda che pongo io è:
Cosa pensi riguardo al fatto che ci aspettiamo sempre che le macchine eguaglieranno e supereranno l’uomo (per quello che può signi care) e al contempo continuiamo a trattarle come delle pure macchine di calcolo?